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Intervista a VALERIO DI PORTO per Dietro le Quinte n. 1/2025
● Costituzione,democrazia,Parlamento
Intervista a VALERIO DI PORTO per Dietro le Quinte n. 1/2025
IL RUOLO DEL PARLAMENTO NEL CONTROLLO SUL BILANCIO DELLO STATO E SULL’USO DELLE RISORSE PUBBLICHE
Intervista a
VALERIO DI PORTO
Consigliere Parlamentare
Parte I: il passato …
1. Cosa l’ha spinta a diventare Consigliere parlamentare? Con quali commissioni ha lavorato più strettamente a contatto?
La passione per le istituzioni repubblicane e in particolare per quelle parlamentari, accesa dal corso di diritto parlamentare seguito nella facoltà di Scienze politiche dell’università di Pisa e resa ancor più vivida dalla frequentazione del seminario di Studi e ricerche parlamentari dell’università di Firenze, che mi ha dato la spinta per tentare il concorso.
Nella mia trentennale esperienza alla Camera, sono stato per sei anni nel Servizio Assemblea, dove mi sono occupato delle petizioni, del drafting dei progetti di legge, dell’ordinamento degli emendamenti e dell’assistenza in Aula ai deputati. Nei rimanenti 24 anni ho lavorato nell’area delle Commissioni, nei due servizi che provvedono rispettivamente alla segreteria e agli studi e documentazione. Sono stato per cinque anni segretario della Commissione Agricoltura (tra XII e XIII legislatura) e poi segretario della Commissione parlamentare per la semplificazione (XVII legislatura), che avevo già seguito a più riprese nel passato come “interfaccia” del Servizio Studi. Proprio al Servizio Studi ho trascorso gran parte della mia vita lavorativa, curando, di volta in volta, la documentazione per le Commissioni Trasporti, Lavoro e Affari costituzionali e coordinando per molti anni (dal 2003 al 2017) l’Osservatorio legislativo e parlamentare, struttura di documentazione nata e maturata insieme al Comitato per la legislazione, fortemente vocata alle relazioni interistituzionali, che fin dalla sua fondazione ha curato la pubblicazione del Rapporto annuale sullo stato della legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea. Ho avuto quindi la fortuna di lavorare a stretto contatto con questo organo paritetico dove le tensioni politiche – pur presenti – sono in genere molto attenuate dall’obiettivo condiviso di un permanente richiamo all’esigenza di migliorare qualità e metodi della legislazione.
2. Rispetto alla sua esperienza, può raccontarci qualche aneddoto interessante sui lavori interni del Parlamento, soprattutto in relazione all’approvazione della legge di bilancio?
Più che un aneddoto, una considerazione di carattere generale. L’aula di Montecitorio è come un grande teatro: lo si vede particolarmente bene nei lunghi corridoi circolari che conducono all’ingresso della tribuna stampa e delle tribune per il pubblico, veri e propri palchi con vista sull’emiciclo. L’assemblea mette in chiaro come nessun altro organismo la “politica nazionale” e il pluralismo e la dialettica che la connotano in un sistema democratico. Lo scontro politico deve risaltare chiaro agli occhi del pubblico e degli organi di informazione, i cui giornalisti animano le tribune stampa, il Transatlantico e i corridoi laterali, come una componente fondamentale della vita parlamentare. L’evidenziazione del conflitto e della dialettica non impedisce accordi più o meno palesi, in genere su metodi e procedure e a volte anche sui contenuti. In questa chiave, un ruolo fondamentale è svolto dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, che si riunisce nella confortevole biblioteca del Presidente, attorno a un lungo tavolo, testimone di tanti accordi, anche nelle sessioni di bilancio più tese e drammatiche. In questa sede assolutamente informale (cioè senza nessuna pubblicità dei suoi lavori, fatte salve le dichiarazioni rese dai partecipanti) spesso l’opposizione concorda con la maggioranza la tempistica della discussione, ottenendo in cambio di una contrazione dei tempi la visibilità della diretta televisiva delle dichiarazioni di voto finali, in genere in orari di discreto ascolto.
3. Come è cambiata nel corso del tempo la struttura della legge di bilancio?
Per non andare troppo indietro nel tempo, la legge 24 dicembre 2012, n. 243, recante disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione, ha previsto che dal 2016 si realizzasse una piccola grande rivoluzione: si sono unificate la tradizionale legge di bilancio (che rifletteva la legislazione previgente) e la legge di stabilità (in precedenza denominata legge finanziaria), che dal 1978 conteneva la manovra di bilancio e gran parte della normativa di sostegno con la sua coda di normativa eterogenea e frammentata. In attuazione di tale riforma, la legge 4 agosto 2016, n. 165 ha previsto che i contenuti della legge di stabilità fossero assorbiti dalla prima sezione della legge di bilancio. Su questa sezione si sono scaricate tutte le tensioni e le asprezze politiche prima “confinate” alla legge di stabilità. Per far fronte a tali tensioni, la sezione finisce per condensarsi, nel corso dell’esame parlamentare, in un unico articolo, composto di centinaia di commi (da un minimo di 561 nella legge di bilancio per il 2024 ad un massimo di 1.181 nella legge di bilancio per il 2018), sul quale è regolarmente posta la fiducia.
4. Le sempre più stringenti necessità finanziarie, il deficit crescente e le crisi ricorrenti come hanno influenzato il modo di legiferare e come hanno inciso sulle iniziative parlamentari?
Nell’ultimo trentennio, si sono susseguiti una serie di fenomeni tra loro concatenati: l’evoluzione dell’Unione europea, in cui l’adozione dell’euro e la necessità di affrontare in modo coordinato le ricorrenti crisi di natura economico-finanziaria, epidemica e bellica hanno enormemente accresciuto il ruolo delle istituzioni europee a fronte degli Stati nazionali. Si è trattato di un ruolo per lunghi anni difensivo, di mero contenimento del debito e di difficile rispetto dei limiti del deficit annuale. Dopo la crisi dei debiti sovrani del 2011, che ha messo in luce la fragilità del sistema e dei suoi presupposti troppo restrittivi, prima l’azione del governatore della Banca d’Europa Mario Draghi e poi, in risposta alla pandemia, il Next Generation EU hanno aperto nuove prospettive di parallelo sostegno alla crescita. Ora il nuovo patto di stabilità è nato oscillando tra vecchia e nuova impostazione, ma dovrebbe potenziare i suoi aspetti innovativi verso nuove forme di programmazione a tutto campo.
Le riforme parlamentari bipartisan delle procedure di bilancio di fine anni Ottanta (legge n. 362 del 1988), l’adesione alla moneta unica e le ricorrenti crisi hanno concentrato sul Governo la responsabilità delle finanze pubbliche. Le risposte legislative alle crisi mediante provvedimenti omnibus hanno teso rapidamente a dilatarsi anche fuori dalla sessione di bilancio, per comprendere tutti gli interventi volti da un lato alla razionalizzazione (alias riduzione) delle spese e dall’altro lato al rilancio della competitività e dello sviluppo attraverso svariate misure (dalla semplificazione normativa e amministrativa alle liberalizzazioni e alle riforme della giustizia). L’archetipo di tali risposte omnicomprensive extrabilancio è forse rappresentato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112. Da allora, decreti-legge cosiddetti omnibus si sono susseguiti e negli ultimi anni sono letteralmente esplosi, dapprima in risposta alla crisi pandemica e poi per dare attuazione al PNRR. La legislazione frammentaria che si è accumulata genera il bisogno di continui aggiustamenti sotto la spinta di macro e micro interessi. Si accentuano di riflesso le tendenze al particolarismo che hanno sempre connotato il nostro Paese (si pensi alle Commissioni in sede legislativa ben prima dei decreti-legge).
Sotto la pressione degli interessi particolari, che non si riescono ad armonizzare, e sotto la spinta delle esigenze finanziarie e delle crisi, le decisioni legislative si sono gradualmente concentrate in un numero limitato di atti legislativi, per lo più ad approvazione garantita entro data ravvicinata e certa (legge di bilancio e decreti-legge), lasciando spazio ad una vasta azione emendativa parlamentare e meno all’iniziativa legislativa dei singoli deputati e senatori.
5. Nella legislatura in corso, le leggi di iniziativa parlamentare fin qui approvate su quali temi sono intervenute e con quali ricadute sulla spesa pubblica?
Nel corso di questa legislatura, alla data del 13 dicembre 2024, sono state approvate 171 leggi ordinarie, 42 delle quali (un quarto del totale) di iniziativa parlamentare. Per sette di queste si è resa necessaria una terza lettura. Sei leggi (un settimo di quelle di iniziativa parlamentare) riguardano l’istituzione di Commissioni di inchiesta; due istituiscono giornate celebrative ed una la “settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche”; altre riguardano la celebrazione di anniversari (la prima delle quali dedicata al centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti e l’ultima al centenario della città di Latina); altre ancora riguardano la concessione di contributi (5 milioni di euro all’anno per l’Istituto dell’Enciclopedia italiana e 400.000 euro annuali per l’Associazione Arena Sferisterio – Teatro di tradizione). Vi sono leggi attente all’innovazione tecnologica (come la Legge 28 ottobre 2024, n. 162, Disposizioni per la promozione e lo sviluppo delle start-up e delle piccole e medie imprese innovative mediante agevolazioni fiscali e incentivi agli investimenti); di carattere istituzionale (per es. la legge 28 novembre 2024, n. 188, Disposizioni per il finanziamento di interventi volti al rafforzamento dei servizi consolari in favore dei cittadini italiani residenti o presenti all’estero); socio-sanitario (per es. la legge 18 novembre 2024, n. 176, Disposizioni in materia di assistenza sanitaria per le persone senza dimora). Anche la tanto discussa legge 4 novembre 2024, n. 169, Modifica all’articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all’estero da cittadino italiano, è di iniziativa parlamentare.
Sono tutte leggi che hanno alcuni tratti comuni: sono brevi, solitamente ben scritte e facilmente comprensibili; di contenuto puntuale o al più settoriale; di poca o pochissima spesa. La legge forse più lunga (12 articoli), che istituisce il premio di «Maestro dell’arte della cucina italiana» (legge 19 aprile 2024, n.59), è anche quella più economica: costa appena 2.000 euro all’anno!
Parte II: … e il presente, guardando al futuro
6. Nella redazione delle norme di finanza pubblica, cosa potrebbe essere migliorato dal punto di vista della qualità della regolazione?
La qualità della regolazione è discreta nelle leggi di carattere puntuale o settoriale, in genere ben scritte, ben coordinate con la normativa vigente e facilmente comprensibili.
Il discorso cambia con riguardo alle numerose leggi multisettoriali (per lo più leggi di conversione) e alla legge di bilancio, il cui articolo 1 mette a dura prova qualsiasi lettore.
Per le norme di finanza pubblica come per la generalità delle norme sarebbe indispensabile una seria programmazione normativa condivisa tra Governo e Parlamento (oggi ci sarebbero tutte le condizioni per iniziare a sperimentarla), la progettazione di ogni singolo atto legislativo (incluse, per gli interventi a più largo spettro, la redazione dell’AIR e le consultazioni pubbliche), un’istruttoria parlamentare efficiente, con la giusta tempistica.
Poi si dovrebbe partire dalla realistica accettazione della consolidata necessità del voto di fiducia per garantire tempi e coerenza di una sterminata legge di bilancio, fino a quando non si riuscirà a ridimensionarla, distribuendo il carico della sessione nel corso dell’anno. La rassegna di Astrid, nel numero in via di pubblicazione (gennaio 2025), dovrebbe contenere prime proposte in questo senso (in particolare, v. il saggio di Linda Lanzillotta e Sandro Palanza).
La legge di contabilità, in particolare, potrebbe prevedere una nuova conformazione della legge di bilancio che – in analogia con le leggi di conversione – consenta l’approvazione con articolo unico della intera legge di bilancio, rispettando negli allegati l’articolato e le previste partizioni.
7. Come è cambiata negli ultimi anni la tempistica del ciclo economico-finanziario e quali riflessioni impongono questi cambiamenti al Parlamento?
Quando sono entrato alla Camera, nel lontano 1988, i disegni di legge finanziaria e di bilancio per il 1989 furono presentati il 30 settembre. Nel mese di ottobre lavorarono la Commissione Bilancio in sede referente e tutte le altre Commissioni permanenti in sede consultiva; la discussione in Aula si svolse tra il 7 e il 25 novembre. Al Senato le Commissioni lavorarono i primi dieci giorni di dicembre e l’Aula tenne cinque sedute tra il 13 e il 19. La sessione di bilancio impegnò quindi il Parlamento per due mesi e mezzo.
Nel 2024, il disegno di legge di bilancio per il 2025 è stato presentato alla Camera il 23 ottobre; la fase istruttoria nelle Commissioni si è svolta tra il 7 novembre e il 17 dicembre (con diversi stop and go); l’Aula ha discusso il provvedimento il 19 e il 20 dicembre. Al Senato la Commissione Bilancio si è riunita per l’esame preliminare il 23 dicembre; il 27 dicembre, in una breve seduta, ha preso atto che non vi erano le condizioni per esaminare gli 814 emendamenti e i 64 ordini del giorno presentati. L’Aula del Senato ha svolto una lunga discussione generale il 27 dicembre pomeriggio, approvando poi in pochi minuti gli articoli dal 2 al 21; sabato 28 dicembre si sono svolte, in diretta televisiva, le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta sull’articolo 1; l’Assemblea ha quindi proceduto alla votazione della fiducia e alla votazione finale. Il tutto è durato poco più di due ore.
Nella seduta del 27 dicembre, il Ministro dell’economia e delle finanze Giorgetti ha rammentato che il disegno di legge di bilancio è stato presentato nel 2023 il 30 ottobre, nel 2022 il 29 novembre (le elezioni politiche si erano svolte a fine settembre e il Governo si era formato a metà ottobre), nel 2021 l’11 novembre, nel 2020 il 18 novembre, nel 2019 il 2 novembre, nel 2018 il 31 ottobre, nel 2017 e nel 2016 il 29 ottobre, segnalando la necessità di una riforma parlamentare delle procedure di bilancio, anche in presenza delle nuove regole europee, che hanno ridisegnato l’intero ciclo di bilancio, spostandolo in avanti.
Il Parlamento è ben consapevole di tale necessità e sono allo studio diverse proposte di ridefinizione dell’intero ciclo di bilancio, che a mio avviso dovrebbero riguardare anche la struttura e forse perfino l’emendabilità del disegno di legge di bilancio: sarebbe bello che la discussione avvenisse non sulle migliaia di micro-emendamenti che si scaricano ogni anno sul disegno di legge bensì su meno emendamenti di maggiore portata e prospettiva, per far emergere meglio le diverse visioni e le possibili convergenze tra maggioranza e opposizione, anche visto che il Piano strutturale di bilancio copre una durata che scavalla le legislature.
8. Alla luce dell’esperienza da lei maturata, ritiene che il Parlamento abbia un ruolo determinante (o di qualche altra intensità…) nella decisione sulla politica finanziaria ed economica del Paese?
So di andare controcorrente, ma a mio parere il Parlamento ha uno spazio ed una influenza maggiori rispetto a quanto solitamente si ritenga perfino da parte degli stessi suoi componenti. Sono molto più numerosi rispetto ad altri Paesi gli emendamenti di autentica origine parlamentare che risultano approvati, pure avendo in genere carattere minore ed essendo spesso trasfusi in emendamenti governativi a fini di copertura finanziaria. Occorre soprattutto considerare il sapiente mix di strumenti con cui il Parlamento agisce: per esempio, nel ciclo di bilancio, non vanno dimenticate le attività conoscitive, svolte generalmente insieme dalle due Commissioni Bilancio, né vanno sottovalutati gli atti di indirizzo che le Camere approvano ad aprile sul Documento di economia e finanza e ad inizio ottobre sul Piano strutturale di bilancio, prima dell’invio alle istituzioni europee.
9. Quali spazi ha (e ha avuto) il Parlamento nella programmazione e nel controllo dei piani delle politiche di Coesione e del PNRR? E quali spazi, in futuro, sarebbe auspicabile che avesse in tema di programmazione (anche viste le nuove regole di governance economica europea)?
Anche su questo terreno il Parlamento agisce con un mix di strumenti: attività conoscitive, atti di sindacato ispettivo e di indirizzo, oltre al lavoro legislativo sui numerosi decreti-legge intervenuti negli ultimi anni con riguardo sia alle politiche di coesione sia al PNRR. Su quest’ultimo il Parlamento italiano ha giocato un ruolo significativo (e più intenso rispetto a quello degli altri Parlamenti europei) fin dalla fase della sua progettazione. La caduta del Governo Conte II si spiega anche con l’insoddisfazione parlamentare per la carente elaborazione del PNRR. Rilanciando e sviluppando un’idea del collega Sandro Palanza, nel 2022 ho curato, con Antonio Piana e Fabio Pammolli, un libriccino intitolato La fisarmonica parlamentare tra pandemia e PNRR, ove abbiamo posto in risalto le attività parlamentari che hanno accompagnato l’elaborazione del Piano.
Vorrei anche ricordare l’enorme sforzo compiuto dalle strutture di supporto del Parlamento e in particolare dalla Camera, che nel proprio portale della documentazione ha dedicato al PNRR un’area di grande interesse e costantemente aggiornata, che consente di passare da una panoramica generale ad approfondimenti più specifici.
Mi appare ancora deficitaria l’attività di monitoraggio e controllo ma vi sono tutte le premesse perché la fase attuativa del PNRR, entrata soltanto da poco nel vivo, in combinazione con il Piano strutturale di bilancio, possa sortire effetti molto positivi anche in questo ambito.
10. Consiglierebbe ai giovani di intraprendere la carriera di consigliere parlamentare?
Lavorare in Parlamento, con tutte le fatiche, le tensioni e la dilatazione degli orari, è un privilegio e un’esperienza unica. Sono molto contento che la Camera abbia riaperto un’intensa stagione di concorsi, procedendo (dopo molti anni di stasi) ad un significativo turn over e dando la possibilità a tanti giovani di intraprendere una carriera avvincente, dinamica e ricca di quotidiani insegnamenti. Mi auguro che anche il Senato possa seguire presto la stessa strada.
Il Comitato di Redazione
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