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Alla ricerca di un bilanciamento tra divieto di proroga delle concessioni demaniali marittime e i diritti dei concessionari uscenti: la strada degli indennizzi

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Alla ricerca di un bilanciamento tra divieto di proroga delle concessioni demaniali marittime e i diritti dei concessionari uscenti: la strada degli indennizzi

Abstract: l’elaborato affronta il tema del bilanciamento tra il divieto di proroga delle concessioni demaniali marittime e i diritti dei concessionari uscenti, proponendo la strada degli indennizzi come possibile soluzione. 

Gianlorenzo Ioannides

Il divieto di proroga delle concessioni demaniali marittime  

Da alcuni anni si assiste a un articolato conflitto relativo alla disciplina delle concessioni demaniali marittime. Esso nasce dalla contrapposizione fra la disciplina nazionale, che per lungo tempo ha previsto ampie possibilità – se non proprio automatismi – di conservazione della concessione a favore dei titolari, e il diritto europeo, che invece impone l’affidamento delle concessioni all’esito di una procedura a evidenza pubblica.  

La giurisprudenza europea e quella nazionale affermano in modo ormai pressoché unanime, che l’art. 12 della direttiva 2006/123/UE e gli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea impongono che le concessioni demaniali marittime, quando siano relative a tratti di costa per i quali possa esservi un interesse transfrontaliero, e che devono essere ritenuti una “risorsa scarsa”, siano affidate all’esito di una procedura comparativa. Ciò che impone, conseguentemente, di disapplicare le disposizioni legislative che prevedevano una proroga automatica della durata delle concessioni (Cons. Stato, Ad. plen., 9 novembre 2021, n. 17 e n. 18; CGUE, V sez., sent. 14 luglio 2016, in C-458/14 e C-67/15, Promoimpresa; Id., sent. 20 aprile 2023, in C-348/2022, AGCM contro Comune di Ginosa; Autorità garante per la concorrenza e il mercato, segnalazione S4692 del 9 agosto 2024). 

Gli interessi privati coinvolti 

La disciplina nazionale aveva individuato una scadenza (da ultimo, il 31 dicembre 2033), rispetto alla quale i concessionari potevano aver commisurato il tempo necessario ad ammortizzare eventuali nuovi investimenti, e in generale il piano economico finanziario dell’attività. L’affermazione dell’obbligo di disapplicazione determina una riduzione della durata della concessione per fatto non imputabile al concessionario. Alla luce di tale rilievo, l’interesse dei concessionari uscenti a ricevere un’adeguata remunerazione dell’investimento sostenuto, e al riconoscimento dell’affidamento loro ingenerato da norme di rango primario che prevedevano una maggior durata degli atti concessori, non pare poter essere trascurato. Esclusa ogni possibilità di proroga delle concessioni esistenti, il conflitto tra l’interesse pubblico alla migliore gestione del demanio e gli interessi dei titolari di concessioni demaniali marittime in scadenza non potrà che ricercare il proprio punto di equilibrio nella previsione di una forma di indennizzo. 

L’indennizzo: una proposta di disciplina 

I quesiti che dovrebbero essere affrontati e risolti rispetto a tale tema sembrano essere tre: i) se, e in quali casi, il concessionario uscente abbia diritto a ricevere un indennizzo; ii) come lo stesso debba essere quantificato; iii) chi lo debba versare. 

Quanto al primo profilo, l’art. 49, cod. nav. prevede che al termine della concessione le opere inamovibili restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso. A ciò si aggiunge l’art. 12, par 2, della direttiva 2006/123/UE, il quale vieta di accordare vantaggi al gestore uscente. La ragione del divieto recato dall’art. 49 cod. nav. è stata storicamente ricondotta alla natura demaniale dell’area, e alla necessaria tutela delle finanze pubbliche (CGUE, III sez., sent. 11 luglio 2024, in C-598/22, Società Italiana Imprese Balneari Srl). 

Il divieto di indennizzo può tuttavia ritenersi ragionevole in assenza di modifiche agli aspetti essenziali del rapporto concessorio, in primis, proprio la durata. Lo stesso codice della navigazione, d’altra parte, all’art. 42 prevede che, in caso di modifica della durata della concessione per effetto di un provvedimento di revoca, l’amministrazione debbacorrispondere al concessionario un indennizzo.  

Al primo quesito, pare quindi doversi rispondere che il concessionario uscente che dimostri di aver subito un pregiudizio dalla modifica del termine della concessione conseguente alla disapplicazione della legge nazionale, e che, quindi, non abbia avuto la possibilità di ammortizzare gli investimenti compiuti, abbia diritto a un indennizzo. Quest’ultimo dovrebbe coprire anche il mancato guadagno, anche se quest’ultimo aspetto presenta complessità in termini di dimostrazione del danno. 

Con riferimento, invece, alla quantificazione dell’indennizzo, e al soggetto su cui esso debba gravare, si dovrebbe tenerconto sia della quota parte degli investimenti non ammortizzati, sia del valore del compendio aziendale realizzato, o quantomeno dell’incidenza di tale compendio sull’avviamento commerciale realizzato sull’area demaniale.  

In ogni caso, al fine di evitare che la previsione dell’indennizzo violi il divieto di accordare vantaggi al gestore uscente, è imprescindibile che la quantificazione dell’indennizzo sia operata in relazione alle singole concessioni, e in misura strettamente coincidente con l’ammontare del danno – composto dalle voci che saranno individuate in via generale – che il concessionario potrà dimostrare di aver subito. 

Evidenti ragioni di tutela della finanza pubblica, infine, depongono a favore della scelta di onerare del pagamento dell’indennizzo il soggetto che si aggiudichi la concessione. In tal senso, in effetti, sembra essersi orientato il legislatore (v. l’art. 4, comma 2, lett. i), l. 5 agosto 2022, n. 118, nonché, da ultimo, l’art. 1, d.l. 16 settembre 2024, n. 131). Una tale scelta non sembra presentare elementi di illegittimità, ma nemmeno di inopportunità, in quanto l’indennizzo da versare, predeterminato e reso pubblico, costituirebbe una delle voci di costo che l’operatore economico interessato ad acquisire la concessione dovrebbe considerare nel formulare la propria offerta. Il suo ammontare, quindi, sarebbe uno degli elementi che a monte concorrerebbero a determinare l’equilibrio contrattuale del rapporto concessorio.