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Pnrr e green budgeting: stato dell’arte e criticità

Green budgeting,PNRR,tutela dell'ambiente

Pnrr e green budgeting: stato dell’arte e criticità

Abstract

Il presente contributo sottolinea la centralità che, nell’epoca della transizione ecologica del Next Generation EU, rivestono le best practices di green budgeting. E mira ad individuare le condizioni atte a consentire (possibili) processi di allineamento delle stesse, attualmente poste in essere dallo Stato e dalle autonomie territoriali senza la necessaria sinergia.

Damiano Carmelo Paternò

Introduzione.

Il monitoraggio dello stato di attuazione del Dispositivo (ex art. 34 Reg. 2021/241) condotto dalla Commissione europea segnala, in materia di transizione ecologica, l’irrinunciabilità delle best practices di green budgeting.

 

Il PNRR.

L’importanza di strumenti di politica contabile che consentano alle amministrazioni dei vari livelli di governo (nazionale e sub-nazionale) di integrare nel ciclo di bilancio gli obiettivi di neutralità climatica definiti nel Green Deal europeo è comprovata dalle stesse dinamiche operative che hanno preceduto la concessione, ad agosto 2024, della quinta rata del PNRR.

La Commissione, infatti, ne ha potuto autorizzare lo stanziamento solo a seguito della valutazione positiva di ben 53 milestone e target. Nell’intelaiatura originaria del PNRR ammontavano a 69: se la riduzione numerica non ha interessato i 13 interventi a connotazione green (rimasti inalterati all’esito del Consiglio Ecofin del dicembre 2023), ciò è imputabile, molto probabilmente, anche alla volontà del legislatore europeo di non vanificare le incipienti pratiche virtuose di budgetizzazione verde intraprese dai soggetti attuatori italiani.

 

Siffatte pratiche sono plurime, ricollegandosi alle peculiarità e agli eventuali deficit impiantistici delle varie macroaree territoriali.

Si pensi al caso paradigmatico del Comune di Venezia, alle prese con la questione particolarmente allarmante del riscaldamento globale e dell’innalzamento del livello dei mari. Per meglio vagliare l’incidenza degli indicatori desunti dalle scienze ambientali, l’ente appronta esercizi di bilancio verde, ammettendo variazioni di bilancio soltanto per investimenti ecosostenibili.

 

La questione.

Tanto premesso, occorre chiedersi innanzitutto se ed in quale misura sia possibile riconoscere a quegli Enti locali che siano in grado di mantenere una sana e corretta gestione finanziaria la facoltà di utilizzare l’avanzo di amministrazione per impegnare maggiori livelli di spesa ambientale, in deroga ai principi contabili ordinari.

In secondo luogo, posto che un’efficace rappresentazione contabile delle dinamiche di spesa relative all’azione programmatoria per il clima presuppone il completo allineamento tra le molteplici pratiche di green budgeting potenzialmente implementabili, occorrerà comprendere se il Piano dei conti integrato possa ancora reputarsi un sistema di raccordabilità contabile adeguato.

È opportuno, infatti, interrogarsi pure sulla tenuta dell’attuale sistema di armonizzazione contabile, giacchè l’eccessiva granularità dei conti economici e patrimoniali degli Enti territoriali rischia di cagionare disallineamenti dei bilanci regionali e locali rispetto agli obiettivi “green” fissati a livello statale.

 

Raccordo contabile e allineamento. L’ammortamento.

A ben vedere, nulla osta alla pianificazione, da parte degli Enti locali, di impegni finanziari rivolti ad infrastrutture green, una volta accertato che:

  1. il bilancio di previsione sia deliberato in pareggio finanziario (occorre, perciò, un risultato di competenza non negativo, desunto dal prospetto di verifica degli equilibri allegato al rendiconto);
  2. sussista una certa tempestività dei pagamenti per transazioni commerciali (cosicché, l’amministrazione potrà destinare alle spese ambientali importi tanto maggiori quanto minore è l’intervallo di giorni decorsi tra le scadenze dei termini contrattuali e l’adempimento);
  3. venga rispettato il principio di gestione di parte corrente allargata. Pertanto, l’equilibrio di parte corrente in termini di competenza finanziaria tra spese ed entrate potrà ricomprendere anche investimenti non coerenti con la concreta destinazione della spesa quantificata in via previsionale, laddove gli stessi siano previsti per speciale disposizione di legge o di principi contabili (come accade tipicamente per gli investimenti finalizzati alla prevenzione del rischio idrogeologico).

Quanto al Piano dei conti integrato, la nuova versione dell’art. 2 l. 196/2009, imponendone l’adozione a tutte le amministrazioni pubbliche in contabilità finanziaria, ha permesso:

  1. a) una migliore comparabilità dei sistemi contabili delle p.a.;
  2. b) il raccordo tra legge di bilancio dello Stato e conto economico delle p.a., indispensabile per una valutazione della coerenza complessiva delle previsioni di entrata e di uscita coinvolgenti quelli che sono e rimangono due operatori contabili diversi.

Allo stato non risulta inficiata la sua capacità di garantire un’efficace rilevazione unitaria dei fatti gestionali contabilmente rilevanti destinati ad incidere sulla spesa pubblica.

Nondimeno, per addivenire all’armonizzazione dei criteri di contabilizzazione in materia di rivoluzione verde, sarà cruciale sviluppare un approccio che vada oltre la staticità dei meri dati contabili risultanti dal Piano, che, in sé, non necessariamente rendono conto dell’avvenuta incorporazione della spesa ambientale nelle decisioni di bilancio.

Gli Enti territoriali, pur in ossequio alla rispettiva autonomia normativa e regolamentare, devono poter mutuare talune procedure contabili già adottate dalle Amministrazioni centrali statali.

Attesa l’eterogeneità – e conseguente difficile raffrontabilità – tra i numerosi metodi di contabilizzazione dell’ammortamento oggi ravvisabili, un allineamento va predicato soprattutto in questo campo, stante anche la considerevole entità economica del fenomeno.

Basti pensare all’immane numero di cespiti strumentali acquistati con fondi PNRR. E, segnatamente, alle immobilizzazioni materiali del ciclo di stoccaggio dei rifiuti, nonché agli impianti utilizzati nella transizione sostenibile verso fonti energetiche rinnovabili (biodigestori, impianti agrivoltaici, ecc.) finanziati con la prima direttrice di investimenti della M2C1, dedicata ad agricoltura sostenibile ed economia circolare e destinata principalmente a soggetti pubblici (soprattutto ad Enti di Governo delle ATO).

Per applicare una metodologia omogenea di contabilizzazione dell’ammortamento, sarebbe altresì auspicabile estendere agli Enti territoriali il nuovo Sistema InIt adottato dalle Amministrazioni centrali, così da poter transitare definitivamente da una logica di imputazione “in conto” (ossia, a diminuzione del valore storico del bene) verso una forma di imputazione fondata sull’incremento di apposita posta del passivo dello stato patrimoniale.

Infine, va evidenziato come solo per il calcolo dell’ammortamento dei beni durevoli in dotazione delle Amministrazioni centrali statali siano state dettate aliquote precise ed unitarie, aggiornate con decreto MEF del 13/11/2020. Altrettanto non è avvenuto per gli enti locali. Sicché, è ormai improcrastinabile l’emanazione di una circolare della RGS, onde superare tale irragionevole divaricazione.

 

Rilievi conclusivi.

In conclusione, più che all’impatto della specifica voce di spesa ambientale, è al rispetto complessivo dei principi generali sanciti dal T.U.E.L. e dal d.lgs. 118/2011 che bisognerà guardare. Ciò che conta è evitare il ricorso delle amministrazioni decentralizzate ai mezzi straordinari.

Un upgrade potrà aversi solo nella misura in cui si riesca a promuovere una concezione realmente innovativa della spesa ambientale, la quale non può più essere considerata alla stregua di una monade da valutare isolatamente.

Anche perché essa, lungi dal rilevare solo in sede di classificazione CEPA, viene collocata dalla stessa Riforma abilitante di cui è titolare il MEF (M1C1 – Riforma 1.13) in un’ottica di più ampio respiro, quale componente del processo razionalizzatorio della spending review all’interno del bilancio annuale e pluriennale dello Stato.

Un’ultima postilla. L’allineamento de quo continua ad incontrare una certa renitenza anche in forza di una (discutibile) lettura del dato costituzionale caldeggiata da un certo orientamento dottrinale.

Si rileva che l’allineamento sarebbe comunque precluso dalla circostanza che la tutela dell’ambiente e dell’ecosisistema è materia riservata alla potestà legislativa esclusiva statale (art. 117.1 lett. s Cost.), mentre il coordinamento della finanza pubblica rientra tra le materie di legislazione concorrente.

Tale obiezione in punto di riparto di competenza, benchè tautologica ed irrefutabile nelle argomentazioni dedotte, riposa su premesse fallaci: infatti, giova rammentare che “allinearsi” a prassi consolidate a livello centrale non implica certo un’ingerenza dello Stato nel “coordinamento” dei sistemi di finanza pubblica delle autonomie territoriali, essendo unica (e non variamente interpretabile) la preminente finalità di tutela ambientale.